Finis Terrae


La terra intesa come spazio e come tempo, significa spesso il luogo in cui si è cresciuti, dove lo sguardo ha creato la sostanza personale, o almeno buona parte di essa.  In alcuni casi però si è capaci di rendere familiari anche quegli oggetti a noi sconosciuti, nonostante facciano parte proprio di quella “terra” natìa.
Il confine tra lo sconosciuto e il conosciuto diventa labile, soprattutto se interviene la fantasia o il tempo.  Il passaggio è un salto leggero, un gioco infantile, un movimento sottile.  La transitorietà  accomuna  questo percorso generale e molti altri più individuali.  Raccoglierne le tracce  è quindi scavare  internamente  e  esternamente, nella vastità di ciò che ci circonda.  Significa raccogliere la materia nel suo intimo, nella sua evanescenza, e quindi nel suo atto finale che, in un eterno ritorno, è già inizio di qualcos’altro.
Il lavoro di Arturo Ianniello prende a carico la difficoltà e la bellezza di questa esperienza.
Comporre il materiale con la materia di cui esso è fatto.


































Accumulare in una composizione definita e rigorosa, ai confini del minimale, tutta l’anarchia che la materia nasconde.
Si tratta di restituire vita ad oggetti che già hanno vita, quindi di prestare loro una scena per garantirne l’ascolto visivo.
Il palco che Ianniello costruisce  è   al confine tra provvisorio  e  stabile  (ancora il “transitorio”),  non presenta una specificità,  ma anzi si inserisce tra la scultura e l’assemblaggio bidimensionale.
Non sceglie i colori ma sceglie la materia colorata.

S.D.   "Transitory"